Non tutte le sedute in studio sono uguali.
Ci sono giornate in cui il lavoro non è fatto di strumenti e protocolli, ma di silenzi, sguardi e piccole attenzioni. Questa è la storia di un momento in cui il mio ruolo non è stato solo quello di igienista dentale, ma di presenza tranquilla accanto a una persona.
Quel giorno è entrata in studio una ragazza che conosco da tempo.
Aveva lo sguardo basso, un sorriso spento. Si è seduta sulla poltrona, ma ancora prima di iniziare ho visto i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Non c’era bisogno di parole per capire che il problema non era la bocca.
Mi sono fermata. Ho appoggiato gli strumenti e ho lasciato che il silenzio riempisse la stanza.
Le ho passato un fazzoletto, restando lì, vicina, senza domande e senza urgenza di “fare” qualcosa.
A volte, il bisogno più grande non è quello di spiegare, ma di sapere che c’è qualcuno disposto ad esserci.
E quel giorno il mio compito non era rimuovere placca o tartaro, ma proteggere un momento fragile, con rispetto e discrezione.
Prima di andare via, mi ha detto piano:
“Grazie… per esserci stata.”
E io ho pensato che la prevenzione ha molte forme.
C’è quella clinica, fatta di igiene professionale, consigli e strumenti. E c’è quella umana, fatta di ascolto, di silenzi e di uno spazio sicuro in cui sentirsi liberi di essere, così come si è in quel momento.
Ogni sorriso racconta una storia.
A volte, il nostro compito non è solo curarlo, ma custodirlo.
